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Convegno di presentazione della San Giacomo

21 novembre 1999

Chi conosce la propria storia, la storia del proprio paese, è persona che ha radici e ha possibilità di crescere come un grande albero. Senza radici è un brutto vivere, credo che questo sia un dato fondamentale che conosciamo tutti.

Un dialetto è portatore di valori, di esperienze, di saggezza: un dialetto è portatore di storie, di racconti e leggende che hanno un enorme valore propedeutico. Quando la gente non sapeva leggere e scrivere, tramandava attraverso la propria vulgata, da una generazione all'altra, il proprio patrimonio intellettuale e affettivo, né più né meno dei propri geni trasmessi con il DNA. Un antico luogo di devozione e di culto aveva ed ha un valore di catarsi e di simbolo e senza di esso un villaggio o un popolo non aveva riferimenti: oserei persino dire che le sofferenze e le gioie espresse per generazioni davanti al simbolo, davanti a un altare, lo pervadono e ne fanno un polo di attrazione che diffonde intorno sé un magnetismo che è molto difficile ignorare. Tant'è che in alcuni grandi luoghi di culto vanno persone che non credono e alla fine della visita tutti sono d'accordo nel dire che lì c'è qualcosa di diverso, c'è qualcosa che generazioni di persone hanno lasciato. Una piazza dove la gente si riunisce da secoli per decidere sulle proprie sorti diventa luogo di potere e nessuno, che voglia influenzare i propri simili, potrà ignorarne il valore simbolico. Noi siamo il frutto composito ed inimitabile di trasformazioni durate secoli e pensare di poter prescindere da queste cose, scordarsi di quale sia stato il nostro passato, sarebbe come pensare di ricreare un uomo in un laboratorio asettico. Noi siamo come le rocce che il vento, la pioggia e il mare hanno scolpito lungo i secoli e nessuno, per quanto intelligente e capace, potrà mai ripetere tale esperienza: è forse più facile imitare Michelangelo che certi capolavori di madre natura.

Queste brevi premesse potrebbero anche sembrare voli pindarici ("chissà cuschì uonda c’al veu andà”),ma secondo me introducono in maniera forte le motivazioni e le spinte ideali che ci hanno convinto della necessità di costruire una casa, dove la storia, le tradizioni, le emozioni, in buona sostanza la Vita che generazioni di luesi ci hanno lasciato in eredità, trovino degna collocazione.

Una Associazione di volontariato che raccoglie decine di persone che hanno maturato negli anni o che, anche se giovani, sentono fremere queste sensibilità e queste emozioni ha proprio questo senso. Ma non è solo tradizione, badate bene, non è solo conservare e basta. E' trampolino di lancio, sono certezze, sono carburante che permette al motore di un villaggio, di un paese, di una città, di un popolo, di sopravvivere a se stesso, di migliorarsi e di conquistare sempre più ampi spazi di civiltà.

Provate a pensare quanti intellettuali, laureati, religiosi, imprenditori, uomini e donne con alte funzioni di comando ha sfornato questo piccolo povero paese di contadini: se ci mettessimo qui a enunciare quanti sono coloro che negli ultimi quaranta-cinquantanni se ne sono andati, che hanno studiato e che oggi rappresentano o hanno rappresentato per la società civile o religiosa qualcosa di importante... Provate a pensare quanti sono! Ma se ne sono andati per il mondo e quasi nessuno è rimasto. Quale è stata la ricaduta, in termini economici, culturali e di riqualificazione del nostro territorio? Forse qualche posto di lavoro in più per qualche altro luese che se ne andava, aiutato da qualcun altro che se ne era andato via prima. O per qualcuno che, andato in pensione, se ne ritornava e metteva mano a ristrutturare la casa dei suoi vecchi. Però il paese non è cambiato molto, è rimasto sostanzialmente quello che era, anzi si è impoverito. Il paese ha continuato a sopravvivere, come un terreno che dà molto frutto, ma noi che siamo tutti contadini, se non altro nell’animo, perché i nostri padri lo sono stati, sappiamo molto bene che un terreno, se non viene concimato, col tempo si inaridisce.

Cominciare a salvare le nostre chiese, a raccogliere i nostri archivi storici, a dare degna collocazione a quegli oggetti d'uso, siano essi sacri o profani, siano essi oggetti di grande qualità o oggetti umili che usavano i contadini, ma che hanno scandito la vita dei nostri padri, significa permettere ai nostri figli di riconoscersi, di identificarsi in mezzo alla globalizzazione. Credo che la globalizzazione sia cosa a tutti nota, è un benessere ma anche un pericolo imminente. Se non ci diamo da fare subito, tra qualche anno i nostri nipoti penseranno di essere i discendenti di Buffalo Bill, non sapranno più niente della loro storia.

Identificarsi all’interno della storia di un paese è un po' come quando si va all'estero e si sente parlare la nostra lingua e, anche se solo in due, in quel momento noi ci sentiamo patria e nazione; ci sentiamo partecipi. Cominciare a salvare tutto questo significa permettere a chi verrà dopo di noi di ricostruire la storia ed assaporare, con il giusto orgoglio dell'appartenenza, la possibilità di ricordare e continuare a vivere e costruire su solide basi.

L'Associazione "San Giacomo" nasce all'interno della Pro Loco Luese, dalla sua lunga tradizione di volontariato; nasce dall'interesse suscitato dagli scavi e successivo restauro della pieve di San Giovanni di Mediliano: non dimentichiamoci che là in Valle Grana nasce la storia cristiana delle popolazioni che abitano non solo il nostro paese, ma di tutti i paesi che ci circondano. L'Associazione "San Giacomo" nasce dagli studi compiuti in questi anni dal prof. Gianfranco Ribaldone, che tanto tempo ha dedicato allo studio e all'interpretazione degli atti notarili del Cinquecento luese, e dalla sensibilità di alcuni membri della Pro Loco che già da alcuni anni si occupano di questioni che riguardano monumenti, chiese, bellezze architettoniche di Lu (da citare il recupero e restauro del vecchio orologio ottocentesco della Torre). L'Associazione "San Giacomo" nasce dalla vergogna della Torre oscurata e ormai sorpassata dalle antenne della Telecom (a tal proposito abbiamo qui un'interrogazione che è stata presentata in Consiglio Regionale dal Vicepresidente Andrea Foco). Nasce dall'urlo della chiesa della Trinità, il cui scempio è sotto gli occhi di tutti; nasce dal pericolo che la chiesa di S. Giacomo faccia la stessa fine (e a tal proposito, deo gratias, don Meda, che possiede il coraggio dei giusti, ha messo mano al restauro dei tetti e del campanile, ed ha bisogno dell'aiuto di tutti).

L'Associazione non è una congrega di snob, ma un gruppo di persone che impegnano volontariamente, senza scopo di lucro, il loro tempo perlavorare, ripeto lavorare, pulire, imbiancare, riordinare archivi e luoghi, ma anche per pensare, elaborare progetti, raccogliere notizie, materiali, tradizioni da tramandare ai nostri figli.

Dovremo impegnarci prima di tutto per completare i lavori di ripristino e restauro dei locali che la parrocchia ci ha dato in uso gratuito: la Casa della Reggenza, l'antica sacrestia (il cui restauro è già quasi terminato), che diventeranno sede dell’Associazione e del nascente "Museo del territorio luese".

Ma la vera sfida per tutti noi sarà il recupero totale della chiesa di San Giacomo e la sua riapertura al culto. Noi ci proponiamo, attraverso la raccolta di fondi ed il lavoro volontario nostro e di chi ci vorrà aiutare, di restaurare completamente al suo interno la chiesa di San Giacomo. Il nome che ci siamo scelti è indicativo del nostro primo e più importante obiettivo.

Siamo disponibili ad elaborare progetti o piani di lavoro con chiunque, Comune o privati, vorrà coinvolgerci o aiutarci: è nostro interesse occuparci di tutte le situazioni che hanno bisogno di recupero.

Come si fa a non vedere situazioni come la bella casa dei Marchesi Paleologi, in parte ormai crollata? E la chiesa della Trinità? E la chiesa di san Biagio? Anche se ormai proprietà privata, questa resta pur sempre la quarta chiesa di Lu per importanza, dove fu priore il più giovane dei priori, il Beato don Filippo Rinaldi: se il suo campanile resti in piedi o no, non è un problema esclusivo del suo proprietario, ma di tutta la comunità luese. Se un privato elimina un portone di noce del ‘700 e lo sostituisce con uno di ferro, questo è un problema di tutto il paese, che perde così un pezzo della sua storia. E lì la comunità deve aiutare il privato, intanto facendogli capire che non è il caso di farlo, e se lui non ce la fa da solo aiutarlo economicamente, affinché un pezzo di storia del nostro paese resti in piedi.

Quello che vale per il paese, vale per tutto il comprensorio dei paesi vicini: di qui nasce la necessità di creare sinergie con tutte le istituzioni pubbliche che si occupano di questa materia e con tutte le associazioni, sia di tipo ludico che culturali, presenti sul comprensorio casalese. L'esperienza e la fatica di uno può e deve diventare patrimonio di tutti ed è per questo che abbiamo invitato personalità e rappresentanti di varie associazioni. A questo proposito, io voglio chiedere a tutti se il Palazzo Paleologi sia un problema di Lu soltanto o piuttosto di tutto il Casalese, proprio in ragione di ciò che esso ha rappresentato nella storia del Marchesato.

Non tocca a me approfondire questi argomenti: altri hanno più titolo e merito di me per farlo. Vorrei solo sottolineare quelle che ritengo essere questioni di merito e non solo mere questioni accademiche. Qui non facciamo accademia, qui parliamo di problemi concreti.

Durante il convegno avrete modo di vedere e sentire quanti progetti sono in via di elaborazione: vi verranno illustrate varie iniziative e verrà data possibilità, a chi lo desideri, di fare proposte. Resta inteso che il primo interlocutore dovrà essere il Municipio, cioè l'istituzione più vicina al paese, che si occupa direttamente di molte delle questioni sulle quali noi vogliamo porre la nostra attenzione e la nostra voglia di fare. Credo che la collaborazione con tutti gli enti preposti sia l’unica via percorribile per creare la possibilità di trasferire su altra collina non abitata i ripetitori della Telecom, restituendo al gerbido ed alla Torre dignità e bellezza. Solo le montagne non si muovono e oggi nemmeno più quelle. Lu è a detta di tutti un bellissimo paese: possiede una delle più belle balconate del Piemonte, attività commerciali, attività artigianali ed un'ottima offerta eno-gastronomica: è in buona sostanza un paese vivo e vitale. Noi lo abbiamo ricevuto in dono dai nostri avi e abbiamo il dovere di trasmetterlo alle generazioni future con tutta la sua eredità di storia, di tradizioni e di esperienza umana. Voglio terminare la mia breve introduzione, e non vi paia blasfema la citazione, dicendo che la messe è veramente tanta e abbiamo bisogno di molti operai.

Grazie di aver risposto al nostro invito e Dio voglia che tante speranze possano diventare certezze.

Leo Rota, presidente dell'Associazione Culturale San Giacomo